I trapianti fecali possono curare alcuni tumori

Abbiamo visto che il microbiota intestinale, cioé l’insieme dei batteri che vivono dentro il nostro intestino, è da vedersi come un altro organo in sè e per sè, ed è importantissimo e potrebbe essere cruciale per il successo il fallimento dell’immunoterapia, che è la nuova frontiera della cura per il cancro, cioé far riconoscere al sistema immunitario della persona le cellule tumorali come nocive e fare in modo che non possano più nascondersi e, quindi, essere colpiti.

In quest’ottica, se nel microbiota di una persona specifica mancano certi tipi di batteri, l’unico modo possibile per recuperarli è quello di trapiantarli da un donatore sano.

In questo caso le feci donate potrebbero dare agli oncologi un modo per far pendere la bilancia nella parte giusta.

Nel febbraio 2021 sono stati pubblicati un paio di notevoli studi clinici; ognuno di essi coinvolgeva persone affette da melanoma, che è un particolare tipo di cancro della pelle che diventa molto aggressivo.

Alcuni partecipanti erano stati curati con successo utilizzando farmaci chiamati”inibitori dei checkpoint immunitari”, che aiutano il corpo a distruggere le cellule tumorali, gli altri non avevano risposto al trattamento.

In entrambi gli studi i ricercatori hanno raccolto campioni di feci dalle persone che avevano tratto beneficio dall’ immunoterapia; hanno poi impiantato questi campioni ed i batteri intestinali, quindi che erano contenuti al loro interno, nelle persone che non avevano risposto ai farmaci ed hanno somministrato di nuovo gli inibitori dei checkpoint.

La speranza era che questo trapianto di microbiota fecale avrebbe trasferito la capacità di rispondere a questo trattamento potenzialmente salvavita.

Esperimenti sui topi avevano già suggerito che la differenza nella composizione dei microbiomi intestinali delle persone avrebbero potuto spiegare gran parte della nota variabilità nelle risposte agli inibitori dei checkpoint.

Anche i topi impiantati con microbioti intestinali di persone che avevano risposto positivamente all’immunoterapia, tendevano a rispondere bene, ma quando i trapianti provenivano da persone che non rispondevano bene alla terapia, i farmaci erano inefficaci.

Per quanto non convenzionali fossero questi studi clinici, hanno attirato molti volontari, questo perché, chiaramente, le persone che hanno questo tipo di malattie sono davvero ansiose di provare qualcos’altro quando non hanno altra scelta o di aiutare gli altri con qualcosa che è facile da dare.

In uno studio di Hassane Zarour, che è un oncologo dell’università di Pittsburgh, in Pennsylvania, 6 delle 15 persone che avevano ricevuto questo trapianto hanno beneficiato della stessa forma di immunoterapia che in precedenza non aveva fatto nulla per loro.

Nel secondo studio, condotto da ricercatori dello Sheba Medical Center di Tel Hashomer, in Israele, 3 dei 10 partecipanti sono diventati risponditori, quindi rispondono bene alla terapia, dopo aver ricevuto un trapianto.

Questi dati sono stati molto impressionanti e molto convincenti, anche se molto preliminari.

L’anno scorso Bertrand Routy, un oncologo dell’università di Montreal, in Canada, ha co-diretto uno studio che ha coinvolto 20 persone affette da melanoma; dopo aver ricevuto questo trapianto, 13 hanno risposto agli inibitori del checkpoint, con 4 che sono entrati in remissione completa.

Tuttavia, questa volta i microbi intestinali impiantati provenivano da volontari sani, piuttosto che da persone che avevano già risposto bene all’immunoterapia.

Questo ha ampliato enormemente il potenziale bacino di donatori di feci; lo so che sembra una cosa schifosa, ma dal punto di vista clinica, della cura, ci sono persone disponibili a fare questo tipo di trattamenti, quando effettivamente sono colpite da malattie così gravi.

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I risultati preliminari di uno studio in cui questo trapianto è stato somministrato prima dell’immunoterapia di prima linea, con due inibitori dei checkpoint, indicano anch’essi un successo.

Circa 3 quarti delle persone hanno risposto ai farmaci, rispetto ad una media storica del 58 per cento, nel caso in cui non fosse fatto il trapianto.

Quindi questo risultato è stato associato ad un’attività davvero forte; ora ci sono in corso degli ampi studi randomizzati su persone affette da melanoma.

Molti oncologi vogliono portare avanti questa idea, tanto che questo tipo di trapianto potrebbe essere reso obsoleto con la stessa rapidità con cui è emerso.

Questo perché: perché il trapianto di feci è un trampolino di lancio, ha affermato Jennifer Wargo, ricercatrice oncologica presso l’MD Anderson Cancer Center di Houston, in Texas.

Lei ed altri vogliono invece creare pacchetti standardizzati di batteri noti per modificare il microbioma intestinale in modo più controllato ed anche un po’ meno schifoso, diciamo.

Altri ricercatori intendono abbandonare completamente i batteri vivi e sviluppare farmaci che prendono di mira i meccanismi molecolari con cui il microbioma influenza la risposte all’immunoterapia, quindi somministrare alle persone le sostanze che vengono prodotte da questi batteri, più che i batteri stessi, o addirittura le feci che contengono i batteri stessi, cosa che sarebbe migliore per carità.

Il trapianto ha dimostrato che, modificare il microbioma intestinale di una persona affetta da cancro, può salvarle la vita ed ha stabilito il parametro di riferimento in base al quale verranno valutati questi trattamenti futuri.

Cosa sono queste particolari immunoterapie: le immunoterapie contro il cancro consentono al sistema immunitario di riconoscere le cellule maligne come corpi estranei e di usare le cellule T, di cui abbiamo parlato in molti nei nostri video, per distruggerle.

Gli inibitori del checkpoint si legano ed annullano le proteine del checkpoint, che alcuni tumori manipolano per sopprimere l’attività di queste cellule T, quindi per nascondersi, non farsi beccare.

Nelle giuste circostanze questo libera queste cellule immunitarie per attaccare ed eliminare i tumori.

Gli studi clinici degli anni 2000 hanno dimostrato che gli inibitori dei checkpoint erano efficaci contro alcuni tumori precedentemente incurabili.

Tuttavia le risposte a questi farmaci variano notevolmente le probabilità di successo sono più alte con il melanoma.

Nel cancro ai polmoni, la probabilità invece è sui 50 e 50, più vicina ad uno su sei.

C’è una differenza tra i pazienti in termini di entità delle risposte immunitarie endogene, afferma Thomas Gajewski, oncologo presso l’università di Chicago, in Illinois.

Per migliorare le probabilità, i ricercatori avevano bisogno di capire cosa modella le risposte immunitarie delle persone affette da cancro; numerosi fattori influenzano questo, non ultimo quanto sia immunogenico il tumore stesso, ma era anche noto da tempo che l’ecosistema di miliardi di batteri che vivono nell’intestino delle persone, influenza la funzione immunitaria.

Nel 2015 il gruppo di Gajewski, ha dimostrato che i topi con melanoma che avevano microbioma intestinali distinti, avrebbero risposto in modo diverso al trattamento con gli debitori del checkpoint.

Un genere batterico, il Bifidobacterium, sembrava essere la chiave della loro capacità di rispondere.

Allo stesso tempo, un team del Gustave Roussy Cancer Campus di Parigi, ha dimostrato che l’introduzione di batteri Bacteroidales in topi senza microbi intestinali, poteva farli rispondere.

Tre anni dopo, Gajewski ed i suoi colleghi, hanno dimostrato che l’intestino delle persone che avevano risposto all’immunoterapia, conteneva specie batteriche diverse da quelle di coloro che non l’avevano fatto, e che il trapianto dei microbiomi dei partecipanti nei topi, in generale faceva sì che i roditori rispondessero al trattamento nello stesso modo del donatore.

Questi risultati sono stati pubblicati insieme a due articoli simili.

Gajewski afferma che gli esperimenti di trapianto da uomo a topo suggeriscono che, in circa metà delle persone che non rispondono agli inibitori del checkpoint, la colpa è del microbioma intestinale.

Tutte queste ricerche hanno fatto sì che lo screening del microbioma intestinale possa diventare un precursore di routine dell’immunoterapia, quindi, prima di fare qualunque tipo di terapia immunologica, sarebbe bene fare una verifica completa del microbiota intestinale.

Questo, fra parentesi, lo proponiamo anche noi in generale fra il primo degli esami che proponiamo di fare anche per il discorso più in generale degli integratori, anche per persone che non hanno, menomale, questo tipo di malattie.

Routy afferma che, più avanziamo più ci rendiamo conto che questo ecosistema è complesso; nel 2021 il suo gruppo ha dimostrato che le persone con diete ricche di fibre rispondevano meglio agli inibitori dei checkpoint, rispetto a quelle con diete povere di di fibre.

I suoi colleghi presso la MD Anderson, stanno lavorando a sperimentazioni per valutare formalmente l’efficacia delle diete ricche di fibre e si pensa che aumentarne l’assunzione potrebbe presto diventare un consiglio standard per le persone che assumono inibitori del checkpoint.

Diversi studi hanno anche collegato gli antibiotici che possono impoverire gravemente il microbioma intestinale, a risultati peggiori nell’immunoterapia.

Quindi ridurre il loro uso nelle persone sottoposte a immunoterapia potrebbe aiutare molto.

Quando gli antibiotici non possono essere evitati, potrebbe essere necessaria un’azione riparatrice in questo caso potrebbe tornare di nuovo in auge il trapianto fecale.

Gli incoraggianti risultati di queste sperimentazioni hanno intensificato gli sforzi per sviluppare modi per trasformare direttamente i microbiomi intestinali delle persone affette da cancro.

Il trapianto fecale è stato utilizzato anche per il trattamento delle infezioni ricorrenti da Clostridium difficile.

I trapianti da donatori sani sono un rimedio efficace per questa debilitante malattia intestinale e la procedura ha ottenuto l’approvazione normativa negli Stati Uniti dal 2013.

Tuttavia le sfide pratiche, come le difficoltà nel reclutamento dei donatori, i severi requisiti di screening e il disagio tra i medici, hanno limitato l’adozione clinica.

I medici temono anche che le feci umane siano una medicina incoerente non sai mai se un donatore ha i batteri giusti e non sai di quali batteri ha bisogno il ricevente.

In particolare due aziende hanno ottenuto l’approvazione dalla Food and Drug Administration negli Stati Uniti, per consorzi batterici specifici per il trattamento di infezioni ricorrenti da Clostridium difficile.

I pacchetti definiti di microbi dovrebbero essere trattamenti più affidabili e replicabili e possono annullare alcune preoccupazioni sulla sicurezza correlata al trapianto di feci, come potenziale trasferimento di patogeni.

Questi sviluppi stanno ispirando molti ricercatori, che cercano di creare interventi mirati al microbioma, per potenziare l’immunoterapia contro il cancro.

Arrivare ad un farmaco più scalabile e riproducibile, è davvero importante.

Un’ analisi del 2022 è stata in grado di collegare alcune specie batteriche a risposte positive agli inibitori dei checkpoint; tuttavia ha scoperto una firma molto più forte dei non responder, sollevando la possibilità che rimuovere i microbi non utili potrebbe essere più importante che fornire quelli buoni.

Quindi lo spettro, cioé l’elenco delle colonie batteriche che ci sono all’intestino con le loro quantità relative, è importante sia per sapere quelle che mancano, sia per sapere quando ce ne sono troppe di certi tipi, magari negativi.

Alcuni ricercatori non sono convinti che somministrare microbi, anche in miscele attentamente calcolate, sia la strategia migliore.

Francesco Gazzaniga, che studia gli impatti fisiologici del microbioma alla Harvard Medical School, di Boston, in Massachusetts, è titubante nell’usare batteri vivi; teme che i batteri appena introdotti possano morire o perdere le loro proprietà antitumorali nelle persone con microbiomi problematici.

Gazzaniga invece preferisce bypassare completamente i batteri: spera di scoprire i meccanismi con cui il microbioma intestinale influenza l’immunità al cancro e di progettare farmaci convenzionali che utilizzino gli stessi meccanismi per promuovere risultati positivi dell’immunoterapia.

Tuttavia i percorsi esatti che questi farmaci dovrebbero colpire, rimangono un po’ una scatola chiusa; esistono diversi potenziali meccanismi tra cui interazioni dirette tra batteri e cellule immunitarie intestinali, interazioni tra metaboliti batterici e cellule immunitarie intestinali e metaboliti batterici che entrano nella circolazione ed agiscono a livello sistemico.

Nel 2015 Gazzaniga, che era all’epoca postdoc in immunologia ad Harvard, decise di affrontare questo problema con il collega e specialista in cancro, John Seok Park.

Per prima cosa cercarono una differenza nell’espressione dei geni immunitari tra topi il cui intestino era stato colonizzato da microbiota umano sano ed aveva risposto agli inibitori dei checkpoint, e topi in cui il microbioma era stato annientato con antibiotici e non aveva risposto.

I ricercatori hanno scoperto che in alcune cellule immunitarie nei linfonodi drenanti di topi trattati con antibiotici, i livelli di una proteina poco studiata chiamata PD-L2, erano notevolmente elevati.

Questa proteina è una cugina della PD-L1, che è una proteina di attivazione dei checkpoint prodotto da alcune cellule tumorali, le cui azioni di soppressione delle cellule T, quelle del sistema immunitario, sono il bersaglio della maggior parte degli inibitori del checkpoint attualmente utilizzati.

Molte aziende farmaceutiche, tuttavia, non sono così contente di parlare di trapianto fecale, vorrebbero trovare delle molecole specifiche da produrre.

Al di là, quindi, questo tipo di perplessità attualmente il trapianto fecale è l’unica strategia con solidi prove cliniche a supporto della sua capacità di migliorare i risultati dell’immunoterapia e adesso abbiamo pazienti che sono ancora vivi e senza cancro, 4 anni dopo il primo test.

In definitiva questa è la metrica che conta di più.

Ricorda che la medicina ufficiale è importante e vanno seguite le indicazioni dei medici abilitati.

Non diciamo che queste cose si vanno a sostituire ad una vita sana, a una dieta equilibrata e al fatto di andare a farsi controllare tutte le volte che serve e assumere tutti i medicinali che ci vengono prescritti.

Questi sono potenziamenti che ci fanno rimanere operativi, lucidi e in grado di goderci la vita.

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